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Creatività e cura di sé - Nicoletta Freti
 

Il bello di essere artista è che tu puoi guardare dentro di te, perché questo sai fare. Più guardi dentro di te maggiore è la possibilità che fuoriesca un altro lato di te stessa sul quale la gente può proiettarsi (Marina Abramovich).

Le pratiche artistiche sono spesso utilizzate come via verso la scoperta della propria interiorità e l’espressione dei propri pensieri inconsci. Il panorama artistico contemporaneo è in questo senso territorio molto fertile e ricco. Molti sono gli artisti che hanno usato la pratica dell’arte per approfondire la conoscenza di sé, portando a volte il proprio percorso fino all’estremo limite della sopportazione umana.  La scena attuale, in piena vitalità nonostante le numerose contraddizioni che la caratterizzano, fornisce innumerevoli spunti di ispirazione a chi è interessato all’arte come pratica di cura di sé.

 

Il frammento, il quotidiano, l’interruzione, invece di impedire il lavoro artistico, possono diventare un modo nuovo di lavorare, fonte di riflessione creativa. Così l’artista Mary Kelly, ad esempio, crea un’opera, ‘Post Partum Document’, per registrare le varie fasi del rapporto con suo figlio nei primi anni di vita, un lavoro in 165 parti dove è presente una vasta gamma di linguaggi, tra cui quello psicoanalitico, per analizzare il rapporto tra madre e figlio, i ruoli, le difficoltà, le contraddizioni (Donatella Franchi e Barbara Verzini).

Il dià-counselor si serve dell’espressione artistica come strumento di conoscenza e di autoconoscenza, utilizzando tutto quanto la vita e la scoperta di sé portano in superficie. Considera l’arte come una via privilegiata per attivare forze espressive risanatrici se, come Winnicott, consideriamo la creatività una condizione di sanità.

La creatività è la capacità di essere sé stessi, liberi di fluire nel momento presente per rispondere adeguatamente agli stimoli e alle situazioni esterne senza reagire meccanicamente secondo schemi acquisiti. Per riuscire a essere ed esprimere sé stessi, sia attraverso un lavoro artistico che nella vita quotidiana, è necessario liberarsi dalla tendenza ad applicare meccanicamente soluzioni già date. Decondizionarsi è l’obiettivo principale. La comprensione dei meccanismi inconsci e l’analisi degli stereotipi applicati all’espressione artistica facilita la libera espressione di sé.

 

Il dià-counselor utilizza l’attività artistica come via per attivare forze risanatrici e espressive non verbali. Stimola attività traducibili in esperienze concrete, che permettono di assimilare un sapere basato sull’esperienza, favorendo un aspetto importante della conoscenza, quello legato al fare. Trasformare la materia è un modo per trasformare se stessi, per divenire se stessi. L’uomo è intelligente perché ha le mani, diceva Anassagora.

 

Sin dalla sua fase sorgiva, uno degli scopi precipui della filosofia è stato contribuire a ‘farci diventare ciò che si è’. L’espressione può apparire paradossale ma è proprio della filosofia il convincimento che esistere e diventare se stessi non sia la stessa cosa e che occorra, al contrario, effettuare un accurato lavoro su se stessi per realizzare appieno la propria essenza (Moreno Montanari).

L’arte è un modo di fare filosofia pratica. L’uomo, attraverso la pratica della virtù (vedi sotto), realizza se stesso; allo stesso modo lo fa attraverso l’arte. Ognuno per realizzarsi a livello artistico deve trovare il proprio peculiare modo di fare arte, la propria immagine, il proprio “stile”, la narrazione coincidente con il proprio personale pensiero sulle cose e sul mondo. Il risultato ha caratteristiche di attualità, personali e generali allo stesso tempo.

 

Io devo realizzare me stesso, devo trovare un qualcosa che io davvero decido, che non sia il mio alienarmi nell’abilità, e allora a questo punto riemerge, torna la nozione antica di virtù, dove virtù vuol dire sostanzialmente agire in modo che nell’azione si realizzi la mia personalità(...) E infatti cos’è la virtù? I greci avevano una parola, areté, dalla radice ars: l’arte del vivere. Ma se c’è una caratteristica dell’arte rispetto all’abilità e alla prestazione è che l’arte è libera, l’arte non si aliena nel lavoro ma cerca la gloria dell’opera (Podcast di Salvatore Natoli).

Ma com’è possibile individuare la propria strada, la propria virtù? Chi meglio di noi può conoscere le caratteristiche della nostra strada?  Una guida è indispensabile, ma la guida, per il dià-counselor, non è colui che conosce la strada e deve essere seguito ma è una figura che accompagna. Non ha la verità ma ti aiuta a trovare la tua, ti fornisce un metodo per cercare la tua verità, la tua strada, per praticare la tua virtù. Ti mette nella condizione di porti in contatto con la tua personale ricerca.

 

Per questo motivo il dià-counselor, adottando un metodo di ispirazione socratica, quello di fare domande, mette a tacere (sospende) il proprio modo di concepire il mondo per insegnare a farsi le domande giuste, a restare aperto, sapendo di non sapere. Tale atteggiamento porta a predisporsi all’incontro con la propria strada.

 

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